L'allevamento di tacchini a Celle, Faenza: una storia di proteste



L'allevamento intensivo di tacchini, a Faenza, Loc. Celle, ha una lunga storia.
Attualmente l’allevamento è costituito da 7 capannoni aventi ognuno una superficie utile complessiva pari a 1400mq. La potenzialità massima dichiarata dell’allevamento è pari a 38000 capi (tacchini maschi da carne). Non è un allevamento biologico e i tacchini NON escono mai. Tutta la loro vita di 5 mesi circa, si svolge dentro capannoni, insieme a migliaia di simili.
Questo allevamento rifornisce grandi distributori di carni, come Amadori, grande azienda di Cesena, gli stessi tacchini che finiscono nelle mense scolastiche di Faenza (Gemos).
Ma ripercorriamo la storia di questo allevamento.
Negli anni '90 questo allevamento era di Morini, poi fu ceduto ad una ditta veneta, l'Euro Avicola Montagnanese srl, che di fatto operava in stretta connessione con Morini. A seguito delle varie proteste dei residenti per gli enormi disagi provocati, e la formazione di un Comitato molto combattivo, nel 2008 fu bloccato un progetto di ampliamento. Passarono anni di chiusura, e nel 2017 lo stabilimento fu acquisito dall' Az. Agricola Pratolesi di Faenza, gli stessi proprietari della Veterinaria Faentina, che ripresero ad allevarci avicoli. 
Nello stesso anno ci furono vari passaggi, la stabilimento passò alla Fattoria Il Nido Società Semplice Agricola, poi a Gaia soc. agr. a Responsabilità Limitata Semplice (dei Pratolesi), di cui è tuttora, con sede legale in via Graziola 22-24, Faenza.
L'azienda non è assoggettata a VIA (Valutazione impatto ambientale) poiché rientra sotto ai 85 mila capi di avicoli da carne, non è assoggettata alla AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) poiché sotto ai 40 mila capi (ne dichiara circa 38 mila), e non è soggetta neppure a controlli ai sensi della L.R. n.9/99 e s.m.i., "in ragione della disponibilità di ha 202.88.39 di terreni per lo spandimento agronomico e del-la capacità complessiva del sito gestito", ai sensi del D.Lgs. n. 152/2006 es.m.i. In pratica i controlli sono minimi. 
Ricordiamo che la Commissione Europea ha proposto nell'aprile 2022 di includere nella direttiva delle emissioni industriali, anche gli allevamenti dalle 150 “unità di bovino adulto” (UBA), cioè aziende con almeno 150 bovini adulti, 500 suini adulti o 300 scrofe e 10 mila avicoli.  Proposta ovviamente avversata da tutte le lobby del settore. Se questa proposta andasse in porto anche l'allevamento di Celle sarebbe sottoposto a controlli più rigidi.
Nell'AUA da noi visionata si afferma che "nell'allevamento sito di via Pergola n.34, in comune di Faenza, vengono allevati a terra, su lettiera, 38 mila tacchini maschi. Non possono mai uscire. (...) L'allevamento avicolo produce effluenti palabili, che vengono stoccati nella zona di stabulazione permanente. L’allevamento è in zona vulnerabile ai nitrati (ZVN), con terreni di spandimento in parte in zona non vulnerabile e in parte in zona vulnerabile. L'azienda utilizza direttamente l’effluente palabile per lo spandimento su terreni agricoli in concessione. L'allevamento ha una produzione di Azoto al campo superiore a 3.000 kg all'anno in zona vulnerabile: la produzione di azoto annuale è pari a 40356 kg".
Anche se, da testimonianza di chi ci lavora, i reflui sono ora avviati a biogas. Qui un approfondimento sui rischi del biogas da parte di Isde (medici per l'ambiente). 
Anche l'ammoniaca deriva dai liquami. Una volta dispersa in aria, si combina con le altre componenti inquinanti nell'aria, dando vita alle polveri sottili che in Italia mettono costantemente in ginocchio soprattutto la pianura Padana. Da quel che ci risulta non ci sono centraline ARPA vicino all'allevamento di Celle. 
Senza parlare dello spreco di energia e di combustibile fossile per riscaldare i capannoni: "per i primi 15 giorni del ciclo quando i pulcini sono ancora piccoli, al fine di creare il microclima necessario all’inizio della produzione, vengono utilizzati, per ogni capannone, 3 riscaldatori ad aria calda, alimentati a GPL. In aggiunta vengono utilizzate anche 20 cappe riscaldanti (nei 4 capannoni adibiti allo svezzamento dei tacchini), alimentate anche queste a GPL" dice l'AUA.
Ma torniamo al luglio 2017. Il Comitato  con una lettera alle istituzioni "denunciava gli stessi disagi evidenziati con la precedente gestione, proliferazione di mosche, esalazioni maleodoranti e traffico di mezzi pesanti sulla Via Pergola, vietato ai mezzi superiori alle 10 tonnellate come da cartello stradale.
Il Comune di Faenza a settembre 2017 rispondendo ad interpellanza in Consiglio Comunale garantì la piena regolarità dei permessi e delle procedure e delle emissioni, anche su parere servizi competenti di SUAP, AUSL ed ARPAE, senza però fornire nessuna documentazione o verbali dei sopraluoghi e verifiche al Comitato.  Il Comitato assieme ai cittadini della zona, continuò a protestare e chiese al Comune altre verifiche e controlli, denunciando inoltre varie irregolarità, tra cui l'errato smaltimento di eternit e il passaggio di camion oltre le 10 tonnellate sopra al ponte." 
L'allevamento è ancora lì, con i suoi 38 mila tacchini, sempre rinchiusi. Ai tacchini viene addirittura "tagliato il becco nei primi giorni di vita per evitare fenomeni di cannibalismo" 
(come si legge dalla relazione del loro tecnico).
Una vicenda simile in tanti altri luoghi di questa regione, ormai sacrificata alla sua fama di "Food Valley" o meglio Tumor Valley.
Ormai è chiaro che i controlli non servono e le mitigazioni neppure, l'unica misura strutturale efficace è il divieto di allevamenti intensivi (almeno sopra i 10 mila capi avicoli).
PS: Più a monte dell'attuale stabilimento, ci sono 7 capannoni abbandonati, di proprietà sembra ancora della Montagnanese. 
Sono in stato di abbandono, vuoti e fatiscenti, con quello che a tutti gli effetti, sembra "eternit" sopra ben 7  grandi tetti. Lì intorno, sulle macerie di altri capannoni, ci sono rottami, due auto sequestrate e abbandonate (una dopo nostra segnalazione è stata rimossa), una vecchia barca, fusti vuoti di acido e fusti vuoti con etichetta "antimacchia Saveroller Engobe", un liquido tossico usato prevalentemente dall'industria ceramica (ma in genere usato per pulire superfici), lasciati lì dalla precedente proprietà. Tutto segnalato a gennaio 2023 ai carabinieri forestali.












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