La Mafia a Casa Nostra (Faenza)


Lungo la trafficata Via Granarolo, al numero civico 213, viene confiscato un terreno e un fabbricato alla mafia etnea.
Questo fatto viene a conoscenza dell'opinione pubblica solo a gennaio 2023, quando il Consiglio Comunale deve decidere se accettare o meno il terreno, messo a disposizione dall'Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei Beni Sequestrati e confiscati alla Criminalità organizzata (ANBSC).
Non viene detto alla stampa quale mafioso si cela dietro il terreno.
Noi di Faenza Eco-logica lo chiediamo al Prefetto e dopo un po' di attesa ci risponde che la confisca di fabbricato e terreno "è stata disposta con procedimento n. 13850/2014 Tribunale di Catania, ufficio Gip, sentenza divenuta definitiva il 7giugno 2016, in danno di Alfio Maria Aiello",  fratello del più noto Vincenzo Aiello (clan Santapaola), condannato a otto anni e 8 mesi, nell'abito del processo Iblis (mafia e appalti), sentenza confermata in ultimo grado di giudizio nel 2016. Un importante esponente della Cosa Nostra etnea, insomma.



Ma quello che dopo mesi non viene ancora detto alla comunità è perché Aiello si fosse preso un terreno e un fabbricato proprio a Faenza, quali traffici e lavori doveva compiere qui. 
Sappiamo che i suoi affari nell'ambito edile e imprenditoriale erano soprattutto in Sicilia, quindi perché un terreno proprio a Faenza? 

L'assessore Agresti, interpellato dal giornalista, dice che nessuno sa cosa venisse fatto in quel terreno ma che c'è il fondato sospetto che quella zona fosse diventata negli anni una sorta di discarica abusiva di rifiuti edili.
Ma come era possibile in un terreno sotto confisca definitiva già dal 2016?
Perché nessuno in tanti anni aveva vigilato?
Il 24 gennaio 2023, il Consiglio Comunale di Faenza vota per l'acquisizione del terreno e dell'immobile, con l'intenzione di farlo diventare orto sociale, previa verifica del livello di contaminazione del suolo. Si sottolinea che il fabbricato è sempre stato "abusivo non sanabile".
All'interrogazione di un consigliere perché il Comune aveva dato un numero civico (formella con Via Granarolo 213) a un edificio abusivo, l'assessore Ortolani nega che il Comune potesse aver dato un numero civico al fabbricato abusivo, e che quella era una formella magari comprata in un negozio di ceramica. Visto che il fabbricato abusivo era la sede anche di un'attività, Esteticar con tanto di SCIA data dal Comune e iscritta alla Camera di Commercio di Ravenna, l'assessore sottolineava che se una attività dichiara alla Camera di Commercio un indirizzo falso, il Comune difficilmente lo scopre perché non si fanno controlli incrociati.

Noi siamo andati a vedere nel SIT del Comune, il numero civico Granarolo 213 è associato proprio alle particelle catastali fg 45, particella 219, sub 5. (https://www.romagnafaentina.it/L-Unione-dei-comuni/Servizi-online/Edilizia-e-Urbanistica/SIT-Sistema-Informativo-Territoriale





La domanda sorge spontanea: come fa un numero civico farlocco, comprato in una bancarella di ceramica, e attaccato senza nessun permesso, a comparire nel SIT del Comune associato alle giuste particelle catastali? 
Quindi chi ha dato questo numero civico al fabbricato abusivo?
Dopo nostre sollecitazioni e domande scritte, il 28/3 arriva la risposta del settore territorio del Comune, che in qualche modo smentisce l'assessore.

"in ordine all'attribuzione del civico n. 213 di Via Granarolo, dalle verifiche effettuate risulta agli atti d'ufficio che in data 20 maggio 2000, su richiesta del proprietario Sig. Gordini Narciso, fu attribuito il civico 213 al fabbricato sito in Via Granarolo". 

In pratica gli uffici ammettono di aver dato il numero civico 213 al sig. Gordini (vecchio proprietario), per un fabbricato abusivo, ma che in Italia può succedere. Le maglie sono larghe, i controlli pochi, si dà il numero civico senza controllare se l'edificio è abusivo o se corrisponde al catasto. Inoltre è successo 20 anni fa e da allora, sottolinea il Comune, ci si sta più attenti. Questa in soldoni la spiegazione.

Sappiamo quindi che nel 2000 il sig Gordini ottiene magicamente il numero civico per un fabbricato abusivo non sanabile. Nel 2007 (con una fusione protocollata) questo fabbricato "abusivo" viene venduto dai Gordini, ad una certa Maria Luisa Agosta, che scopriamo essere moglie di Franco Costanzo. La visura storica del fabbricato sito in via Granarolo 213, parla di FUSIONE (n.2431.1/2007) che ha COSTITUITO i seguenti immobili: Foglio 45 Particella 219 Subalterno 5. Questo tipo di fabbricati (classe A3 economico) per essere registrati devono dimostrare di avere tot vani, un bagno, allacciamenti fogna e poi devono ovviamente pagare Imu.
Come è possibile procedere ad una operazione di fusione e costituzione se il fabbricato è sempre stato abusivo e non sanabile? 

Andando a fare altre ricerche scopriamo che nel 2003 si insedia a Faenza la sede locale di un'azienda di Palagonia (CT), "La Costanza" sempre intestata a Maria Luisa Agosta, moglie di Franco Costanzo.
In Sicilia l'impresa si occupava di movimentazione terra e scavi, a Faenza anche di autotrasporti. Costanzo viene arrestato nel 2010, condannato in primo grado nel 2012 nell'ambito del processo Iblis (mafia e appalti) e nel 2013 l'impresa chiude per sequestro. Costanzo, secondo l'accusa era legato ai fratelli Aiello e al clan Santapaola. 
Ma che era venuto a fare a Faenza? Che affari doveva sbrigare?
La visura storica catastale del fabbricato di via Granarolo 213, riporta che il fabbricato passò quindi sotto all'erario statale il 4/12/2012, in seguito ad una sentenza del pubblico ministero del Tribunale di Catania.
Quindi dal 2012 questo terreno è dello Stato, sequestrato e nessuno in teoria deve metterci piede.


Eppure dal 2012 le foto Google Earth mostrano traffici di tir e mezzi come ruspe, frequentazione di auto, furgoni, lavori di ogni tipo tra cui interramenti, scavi, sversamenti ecc..
Ma nessuno in 10 anni è andato a controllare chi fossero e cosa facessero.

Google earth 2011 

Google earth 2014

Google earth 2015

Google Earth 2017

Google Earth 2020 

Google Earth settembre 2021

Google earth settembre 2021, dettaglio buche, cumuli e tracce di automezzi che hanno interrato qualcosa


Dal sequestro alla confisca definitiva, fino al 2022 i lavori continuavano indisturbati.
Come è possibile se doveva essere posto sotto al controllo dell'autorità giudiziaria??
Dopo tre anni dalla confisca definitiva, nel 2019, in quello stesso fabbricato si insedia la ditta Esteticar srl, la cui proprietaria è sempre M.L.Agosta, moglie di Franco Costanzo, alla quale cui era intestato il fabbricato confiscato.
Lo scopriamo controllando la visura della Camera di Commercio.
Conferma ci arriva anche dall'ufficio comunale (SUE) che ad una nostra richiesta di accesso agli atti scrive: "si comunica che, per quanto depositato agli atti del SUAP, presso il bene confiscato in oggetto ha svolto attività lavorativa unicamente la ditta “ESTETICAR FAENZA SOCIETÀ' A RESPONSABILITÀ' LIMITATA SEMPLIFICATA” (Deposito della SCIA produttiva Prot. n. 90320 del 20/11/2019), l’attività è formalmente cessata in data 31/12/2022 (Comunicazione Prot. n. 9986 del 01/02/2023)." 
Quella zona per di più, come si legge nel referto tecnico del SUE, è una zona ad alta vocazione agricola e le nuove costruzioni devono essere richieste solo da agricoltori e le attività non agricole devono essere sottoposte a rigidi controlli. Si legge: "la condizione di fattibilità degli interventi è la verifica dei servizi e infrastrutture come viabilità, sistema approvvigionamento idrico ed elettrico, allaccio a fognature, raccolta e smaltimento dei rifiuti". Come mai questi controlli non sono stati fatti?

Ma come è possibile far insediare nello stesso fabbricato confiscato la ditta della stessa persona a cui il fabbricato è stato confiscato? Come si può concedere lSCIA (segnalazione certificata di inizio attività), senza neppure verificare se il fabbricato è abusivo o meno, senza verificare la conformità urbanistica, edilizia, igienico-sanitaria, ambientale dei locali o delle attrezzature aziendali, che in genere vanno richiesti?

Il Comune, su nostra richiesta di spiegazioni, afferma che trattandosi di una ditta di vendita e noleggio auto via internet, non abbisognava di particolari controlli, e una volta appurato che la signora era incensurata, la SCIA è stata facilmente concessa. Che il fabbricato fosse abusivo e confiscato a quanto pare non importa. 


Per inciso, la ditta Esteticar, dal 2017 al 2019 aveva avuto un'altra sede (via Laghi 40) e altra titolare. Nella visura storica rilasciata dalla Camera di Commercio di Ravenna si legge che dal 2017 al 2019 fosse una ditta di autolavaggio.
Ora è sotto sequestro dalla Guardia di Finanza con il cortile pieno di rifiuti, anche batterie esauste. La ditta Esteticar cambiò sede nell'autunno 2019, cioè pochi mesi dopo l'incendio della Lotras, (agosto 2019) per insediarsi in via Granarolo e cambiare attività.
Il Comune, rispondendo ad un nostro accesso agli atti, ci dice che si tratta di due ditte diverse, ma la visura è chiara: stesso codice fiscale, stessa partita Iva. Cambiano i prestanome, cambia l'attività principale, cambia la sede, ma la ditta è la stessa. Come faceva il Comune a non saperlo?


Via Laghi 40






Per inciso: fino all'autunno 2019 imperversava a Faenza il vigile Valgimigli, con truffe, usura e taglieggiamenti, atti intimidatori verso i colleghi, istigazione al suicidio di un macellaio (che ora la Procura indaga per omicidio). E' così incredibile pensare che anche chi doveva vigilare chiudesse anche un occhio sugli affari della mafia?
L'indagine ha coinvolto anche il suo superiore Talenti, tuttora comandante dei Vigili, che secondo l'accusa pare avesse coperto il suo sottoposto.

Poi arriva l'aprile del 2022. Nella zona (in teoria sotto confisca) la ditta Esteticar o chi per lei continua a lavorare con zelo. Accumula mucchi di ceneri/macerie. I satelliti mostrano mucchi di tonnellate di sostanza chiara, via via sparsa a terra, che rialzano il terreno di almeno mezzo metro. Ruspe e tir, che avranno fatto chissà quanti giri, anche sulla trafficata Via Granarolo, portando ceneri e macerie da chissà quale altra azienda per giorni, senza incappare in controlli o verifiche di formulari.
Sbadataggine o protezioni?


Aprile 2022 scaricate tonnellate di materiale chiaro


Nel terreno, tutt'oggi, sono presenti cumuli più vecchi e più recenti. Cosa è stato sotterrato? Il Comune ha promesso analisi, ma ha già messo le mani avanti dicendo che, se si tratta "solo" di rifiuti edili, non serviranno bonifiche. Ma perché poi questo brutto vizio di rassicurare ancora prima di leggere le analisi?
A metà aprile 2023 le analisi non erano ancora state fatte perché si stava aspettando l'autorizzazione della ANBSC.

Il 28 luglio 2023 arriva una notizia incredibile: la confisca è stata revocata!
Il Resto del Carlino spiega che "sono stati tolti dalla disponibilità del comune di Faenza e torneranno a essere utilizzati dal proprietario. A esprimersi nel merito della questione è stata la Corte di appello di Catania che ha accolto nelle scorse settimane l’istanza presentata dalla proprietà, notificando poi l’ordinanza di revoca del provvedimento e disponendo la restituzione dei beni confiscati".
Eppure la confisca era definitiva! "Decisa con sentenza di Cassazione 7 giugno 2016 in danno ad Alfio Maria Aiello" come ci rispondeva il prefetto.
Secondo quanto riportato dal Resto del Carlino, la "proprietà ha presentato ricorso e una documentazione mai esaminata nel processo e così, in forza delle nuove risultanze nonché in virtù dell’estraneità alla vicenda giudiziaria per la quale era stato invece condannato un altro componente del nucleo familiare, il ricorso è stato accolto."
Ora cosa succederà del fabbricato abusivo e del terreno probabilmente contaminato da anni di sversamenti?
Il Comune obbligherà i proprietari, tornati in possesso dei loro beni, ad abbattere l'edificio abusivo, con relativa multa (visto che dal 2000 non si era accorto dell'esistenza di questo edificio, ma gli aveva concesso numero civico)? Farà (a loro spese) verificare lo stato dell'inquinamento del suolo e eventuali bonifiche?
Le istituzioni indagheranno e perseguiranno l'ipotetico reato di sversamento illecito di rifiuti? Indagheranno su eventuali omissioni di controlli e coperture?
Il Comune di Faenza, da quanto apprendiamo dalla stampa, ha accettato di buon grado la sentenza, e non vuole opporsi per riavere quel terreno desolato.
Anche perché, immaginiamo, la patata bollente di un terreno confiscato alla mafia, da trasformare in orto sociale, poco si addice al nuovo polo logistico in progetto proprio nel terreno a fianco, pronto solo ad essere rispolverato.



Foto attuale, cumuli inerbiti


Due tir per anni abbandonati nel terreno




Questa sorta di discarica abusiva sorge infatti vicino ad un terreno agricolo destinato ad un nuovo polo di logistica (alla faccia del consumo di suolo).
Nella Tavola A001 della Proposta di Accordo Operativa presentata da Federimmobiliare, Area via SP Naviglio , Ambito n. 12 "Naviglio" del PSC. Lotto 2, ci sono foto satellitari che evidenziano chiaramente cosa accadeva in via Granarolo 213: escavatori, cumuli e tracce nel terreno. Qui siamo nel 2020. Ma nessuno si chiese cosa facessero in quel terreno.


La manifestazione di interesse per il nuovo polo di logistica, per inciso, (approvato dalla maggioranza del Consiglio Comunale nel gennaio 2020), era collegata al progetto di una discarica di rifiuti edili, a poche centinaia di metri, attigua alla centrale a biomassa Distercoop..
Purtroppo la logistica e le discariche sono settori ad alto rischio di infiltrazione mafiosa e la vicinanza ad un terreno confiscato alla mafia (e ora ritornato ai suoi proprietari) risulta quantomeno preoccupante.
Vogliamo fare uscire la mafia dalla porta e farla rientrare dalla finestra?


PS: a Faenza questa non è la prima presenza mafiosa, dal 2014 è stato sequestrato un appartamento in Via Bertoni n. 74 con annessi cantina e garage. Senza parlare del caso emblematico dell'eco quartiere San Rocco, Nel 2008 vinse il 1° Premio Nazionale per bioarchitettura, conferito dal Ministero dell’Ambiente, citato in una marea di pubblicazioni...fino a che la ditta a cui vennero affidati i lavori, la San Rocco Faenza Case, dopo aver gettato le fondamenta e cementificato, venne scoperta in odor di mafia, nel 2017 la Prefettura di Vibo Valentia (città dove la ditta aveva sede) notificò alla società una interdittiva antimafia, cancellata dal Tar ma ribadita nel 2020 dal Consiglio di Stato.
Così tutto restò ai rovi, ai bivacchi, al degrado e al cemento.



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