Il disastro della Lotras. Cosa è rimasto e cosa si nasconde?

(articolo aggiornato il 27/03/2023)

Dopo 4 anni dal grande incendio che ha devastato il magazzino di logistica, lo spettrale scheletro della Lotras in via Deruta, a Faenza, sta per essere demolito. Inizio lavori previsto il 4 aprile dalla ditta Ireas.  Demolito e bonificato a spese della Lotras System, che inoltre si impegna a pagare circa 1,5 milioni di euro, la metà delle spese sostenute dal Comune per lo spegnimento dell'incendio e bonifica del bacino di via Corgin (non ancora completata, finora in tutto il Comune ha speso circa 3 milioni di euro).  Salvo poi rivalersi sui responsabili, una volta trovati (ma il processo è stato archiviato e i piromani ignoti).

Qui tornerà ad operare la Lotras, (che ad oggi si era spostata in via Proventa), e secondo le promesse in queste terre verrà realizzato il vecchio progetto dello scalo merci. 

Ma torbidi restano ancora i contorni della vicenda.

In questo articolo ricapitoliamo i punti salienti e ancora oscuri.







L'incendio

La notte tra l’8 il 9 agosto 2019, divampò nel magazzino logistico Lotras System un colossale incendio che andò avanti per giorni e giorni. Dentro alla Lotras erano stoccati grandi quantità di olio alimentare (di Olitalia di Forli)  e minerale, ceramica, componenti in PVC di auto (della ditta Vulcaflex di Cotignola), computer, plastica, l’incendio coinvolse anche camion e serbatoi di carburante e un traliccio dell’alta tensione. https://www.legambientefaenza.it/lotras-system/2019/09/incendio-alla-lotras-cronologia-essenziale/
Nel centro cittadino piovevano pezzi di plastica bruciata e la nube tossica dei fumi oltrepassava Castel Bolognese, rendendosi visibile per giorni da tutta la provincia, nonché dal satellite.
Nel consesso del primo consiglio Comunale fu detto che ARPAE aveva collocato una centralina fissa per l'analisi delle polveri, presso la scuola Don Milani, nel punto più distante del centro abitato. Fu detto che i dati registrati dall'unico strumento posizionato erano tranquillizzanti e "nella norma di casi simili". Eppure, a detta dei residenti di via Manzuta, fu posizionata anche una postazione proprio dietro la Lotras, nel balcone di un'abitazione privata, ma quei dati, incredibilmente , non furono mai resi pubblici.
ARPAE decise di fare le analisi su alcuni campioni di terreno e frutta, senza trovare diossina. Dietro la Lotras, in via Manzuta, analizzarono un campione di erba medica, in data 13/08/2019 e gli esiti analitici pervenuti in data 03/09/2019, dimostrarono una concentrazione di diossine superiore ai limiti massimi previsti. Nel frattempo però l’erba medica era stata sfalciata nelle giornate del 16-17/08/2019. 
L'ARPAE allora si recò in data 05/09/2019 presso la sede della ditta Tamburini R., che aveva sfalciato l’erba medica e che l’aveva stoccata, sotto forma di 4 balloni, presso un capannone agricolo sito in Alfonsine. Nella stessa giornata furono effettuati nuovi campionamenti sui 4 balloni di medica.

Il 12/09/2019 i risultati: la diossina non supera i limiti, pertanto i balloni furono svincolati.
Una diossina davvero magica che se ne va in 15 giorni?  
Il principio di massima precauzione dove era finito?
Anche il terreno, a detta di ARPAE poteva continuare ad essere lavorato. Il proprietario del terreno, preoccupato, chiese all'ARPAE di indagare se ci fosse la diossina anche nel suolo, e anche sui campi vicini, ma questo non accadde.
Dopo qualche mese, il Comune chiese a un residente di Via Manzuta di tagliare la sua siepe, che ostacolava la viabilità. Il residente chiese allora al Comune come doveva svolgere quei lavori, con quali protezioni, visto che probabilmente sulla siepe vi era diossina, trovandosi proprio vicino al campo di erba medica contaminato da diossina. 
Anche in questo caso, arrivarono risposte insufficienti e vaghe dal Comune e da Arpae, in un rimpallo di responsabilità.
Ricordiamo che la vita a Faenza non si bloccò neppure un'ora, e non fu dichiarato lo stato di emergenza.
Il sindaco di Faenza, davanti alle telecamere tranquillizzava la popolazione, senza indossare neppure la mascherina, mentre poco più in là si soffocava dal fumo nero di plastica e olio bruciato ad altezza d'uomo. Il sindaco invitava la gente a non fare jogging all'aperto, ma i Cre continuavano sotto al cielo plumbeo di polveri e i braccianti continuavano a lavorare nel caldo afoso e con l'aria irrespirabile,  anche poco distante dall'incendio. Ricordo una signora albanese che mi disse: "io la mattina dopo l'incendio ho lavorato nei campi ma stavo male, respiravo male e mi faceva male la testa, il pomeriggio non sono andata al lavoro e il proprietario si è anche arrabbiato".
In fondo il sindaco aveva tranquillizzato tutti...cittadini, braccianti e agricoltori.

Cosa ci faceva la Lotras in via Deruta? 
La Lotras (società di logistica integrata, che gestisce lo scalo ferroviario merci a Foggia) al suo arrivo a Faenza (2015), fu denominata Lotras System in seguito all'acquisto di un ramo d'azienda della Ratio Sistemi. LRatio Sistemi era nata nel 2000 da quattro soci (la capofila CTF, CONSAV, Cooperativa Facchini Faenza, MTS) tutti gravitanti intorno al settore della logistica. 
Lotras così entrava a far parte di questo "circolo" di scatole cinesi, prendendo posto come locataria, nello stabilimento di Via Deruta, al posto della CTF (Coop Trasporti Faentini) che proprio nel 2015 stava fallendo.
Il contratto di locazione vedeva come proprietaria la società Immobiliare Naviglio: azienda immobiliare di beni propri o in leasing, di "compravendita, costruzione, ristrutturazione, permuta, gestione immobili e lottizzazione di terreni agricoli". Tale società era al 50% controllata dalla Valore Immobiliare, creatura della CTF, e per l'altra metà dai Montanari, grandi proprietari terrieri di Faenza gli stessi che detenevano anche i terreni su cui sorgeva la Cava Crocetta (andata a fuoco anche quella nel 2018). Gian Franco Montanari era vicepresidente di Immobiliare Naviglio fino al 2015. 
Sullo stabilimento e sulle quote della Immobiliare Naviglio vertevano fideiussioni con le banche Intesa San Paolo e Banca Agrileasing spa (Iccrea BancaImpresa della BCC), che avevano ottenuto un pegno dal valore di 2 milioni e 800 mila per una quota societaria di 50 mila euro. (Una sproporzione un po' strana, no?) 
Nel 2015 la CTF era fallita, trascinando Valore Immobilire, i vertici di CTF e della Ratio sistemi nel 2020 furono condannati (e patteggiarono una pena di pochi anni) per bancarotta fraudolenta.
Guarda caso, nell'incendio del 2019, le fiamme avevano incenerito anche buona parte dei documenti contabili, molto importanti secondo l'accusa. In quello stesso stabilimento di Via Deruta, erano stati buttati 1,7 milioni di euro per lavori eseguiti tra il 2004 e il 2014. Secondo il pm che indagò sulla bancarotta si era trattato di un favore alla controllante CTF (socia dell'immobiliare Naviglio proprietaria della struttura).
In quello stabilimento, però ci erano finiti anche tanti soldi pubblici.
Andando infatti a spulciare vecchi documenti, troviamo che l'amministrazione faentina (allora assessore all'ambiente del Tollis e sindaco Casadio) nel 2003 avevano presentato un progetto alla regione Emilia Romagna di "piattaforma di distribuzione urbana", un innovativo "transit point", punto di smistamento merci provenienti da autostrada e ferrovia, messi su mezzi di basso impatto ambientale e portati in città.
Un punto di smistamento merci per ridurre il traffico di camion in centro, che in teoria doveva essere utile a tutta la comunità.
Comune e CSM (Centro servizi merci che allora era per una quota del Comune per il resto delle imprese) erano i proponenti, sborsando circa 200 mila euro, la Regione ci metteva un lauto contributo di circa 350+100 mila euro, la Ratio Sistemi (il gestore) si accollava circa 250 mila euro. In tutto i lavori costavano 1 milione e 200 mila.
Il magazzino di logistica di via Deruta fu costruito quindi anche con un lauto contributo di fondi pubblici, ma non divenne mai quel "transit point" a servizio della mobilità sostenibile, ma solo un polo logistico di camion e camion, che favoriva solo il trasporto su gomma degli autotrasportatori affiliati alla Ratio Sistemi.









Nel 2018, un altro incendio era divampato nella cava Crocetta, anche questi terreni dei Montanari e gestiti dalla CTF , ed al suo fallimento nel 2015 era stata assorbita dalla Recter Reciwood (facente parte dell'Astra, collegata alla Ratio sistemi).
Questo succedersi di incendi, successivo al fallimento della CTF nei luoghi di proprietà dei Montanari è una coincidenza inquietante.
Nel marzo 2019, quindi alcuni mesi prima dell'incendio, l'Immobiliare Naviglio fu comprata da Degimont, una società immobiliare creata ad hoc, i cui soci erano Lisa Montanari e De Girolamo (ad della Lotras). In pratica, in questo complicato gioco di scatole cinesi, la Naviglio Immobiliare diventava Degimont e alla CTF subentrava De Girolamo, restando sempre i Montanari con le loro quote.
Infine nel marzo 2023, davanti ad un notaio di Foggia, Montanari Lisa e Luca, (eredi del defunto Gian Franco) vendono le loro quote (100 mila) alla società Arna Holding (creatura finanziaria immobiliare di De Girolamo). Quindi dal 2023 De Girolamo "prende tutto" il carrozzone della Degimont, che ha la proprietà della struttura. Le banche Intesa San Paolo e BCC, accettano la rinuncia alle fideiussione sottoscritte (e quindi al pegno), a fronte dell'attestazione da parte di Arpae della demolizione e bonifica dello stabilimento incendiato di Via Deruta.
Nella zona di Via Deruta, è ora tornato alla ribalta, di un mega polo logistico con tanto di scalo merci. Al fallimento della CTF, questo progetto (dal costo di 4 milioni di euro) naufragò con il Comune che aveva già sborsato vari milioni di euro per espropriare i terreni! Nel 2023, questo progetto è tornato alla ribalta nelle promesse di imprenditori e politici.

Tutto archiviato
Dopo 3 anni e mezzo, nell'estate 2022 si conclusero le indagini preliminari. Furono trovati punti di innesco, tracce di combustibile per appiccare incendio, il sistema installato aveva segnalato allarmi anti-intrusione quella stessa sera, prima che il fuoco divampasse con fiamme subito alte; i periti incaricati non sono stati in grado di stabilire per quale ragione il sistema antincendio non entrò in funzione quella notte ma dissero che in ogni caso nessun antincendio sarebbe stato in grado di spegnere l'incendio fin da subito violentissimo. Inquirenti e periti sentirono le testimonianze di chi notò, qualche decina di minuti prima dello scoppio, il trambusto, le voci alte e le luci accese. Subito dopo la morte (naturale) di un testimone chiave, fu comunicata alla stampa l'archiviazione del caso (agosto 2022). Una scelta improvvisa, caldeggiata dal pm titolare del fascicolo Bartolozzi, e al quale si è aggiunto il via libera del gip Janos Barlotti perché non c'erano "piste utili".  
Questa archiviazione, espressione di una inefficienza della giustizia, fu però salutata con malcelata gioia dall'amministrazione faentina, che probabilmente la caldeggiava da tempo. "L’archiviazione delle indagini è una notizia da prendere positivamente" – continuava ad affermare alla stampa l'assessore Ortolani anche nel 16 febbraio 2023.
Ecco i nostri amministratori.
Ma come poteva essere una buona notizia la mancata giustizia su un immane reato ambientale, con i colpevoli ancora liberi, forse tuttora collusi con i "pezzi grossi" della città?
E chi può dire che non bruceranno ancora, anche solo per emulazione, con la consapevolezza che tanto la faranno franca (ricordiamo incendio doloso di Antarex nel 2022 ..)?

Il proprietario della Lotras System, tale Armando De Girolamo, foggiano, che in tutto il processo fu l'unico indagato, viene descritto dalla stampa del suo paese come  “L’imprenditore che non si è mai piegato alla mafia”, che aveva già ricevuto ricatti e intimidazioni nella sua terra. Ha vinto recentemente il premio NSA Award per la legalità 2022. E' stata seguita la pista della ritorsione mafiosa, vista la presenza non indifferente della mafia a Faenza? Su un terreno sequestrato e confiscato alla mafia, infatti, non lontano dalla Lotras, in via Granarolo 213, la mafia aveva continuato a lavorare per 10 anni (dal 2012 al 2022), senza alcun controllo, su un fabbricato abusivo, che però era nel catasto del Comune, e con tante manine e occhi chiusi a coprirli. Qui la nostra inchiesta.  
In tutta la "placida" e ricca Emilia Romagna, d'altra parte la mafia esiste ed è ben radicata nel tessuto imprenditoriale e tra i colletti bianchi, come rivela il maxi processo Aemilia e altre inchieste nel riminese, tra cui l'operazione "Radici", e guarda caso la logistica, lo smaltimento di rifiuti e il gioco d'azzardo sono gli ambiti più infiltrati. 
Allora come oggi, però, da ogni parte, ad ogni livello, c'è stato un tentativo di insabbiamento, minimizzazione, e rimozione collettivo. 

Come non ricordare poi un altro fatto gravissimo accaduto nell'estate del 2019? 
A Faenza in quegli anni imperversava il corrotto vigile Gian Carlo Valgimigli tra auto di lusso ed estorsioni finché fu arrestato il 24 settembre 2019, ritenuto colpevole di usura, truffa, taglio delle gomme dell'auto di una collega e persino istigazione al suicidio di Domenico Montanari, un macellaio, vittima delle sue usure, trovato morto il 25 luglio 2019 (pochi giorni prima dell'incendio Lotras!). In realtà la Procura sta ora riaprendo l'inchiesta perché sembra che si sia trattato di omicidio!   
Talenti in realtà aveva preso il posto del comandante Paolo Ravaioli (promosso come dirigente nell'URF) da pochi mesi (primavera 2019), ma se il sottoposto Valgimigli aveva questa condotta da anni, perché chi lo aveva preceduto non è indagato?  
Ma torniamo al processo Lotras.
Il Procuratore Capo di Ravenna, Alessandro Mancini, in quei giorni di agosto, mentre ancora la Lotras bruciava, aveva detto: “è un evento senza precedenti, siamo già al lavoro con le indagini e confido che verremo presto a capo della vicenda”, ma nel 2021 lasciava la procura di Ravenna senza esserne venuto a capo e si trasferiva a l’Aquila, per una “promozione” come Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di L’Aquila. Appena un anno dopo (ottobre 2022), salta fuori che quella promozione fu ottenuta per favori fatti a politici locali. 
 Il Consiglio Superiore della Magistratura, per questo scandalo, lo trasferì per incompatibilità. Uno scambio di favori che getta ombre anche sul modo di condurre le indagini Lotras.
Alessandro, ricordiamolo così per inciso, è fratello di Marco Mancini, l’agente segreto del Sismi giudicato (in primo grado e in appello) tra i colpevoli del sequestro di Abu Omar (2003) ad opera della Cia, e poi prosciolto in Cassazione "per non luogo a procedere per segreto di stato".

Disastro ambientale impunito
E così, abbandonata la speranza di avere verità e giustizia, alla città per 4 anni è rimasta questa carcassa incenerita, che nei giorni di vento, rilascia ceneri cariche di sostanze tossiche, che volano nelle case e nei campi vicini.
Non è stato messo neppure un telo, per fermare le polveri, e si continua come all'inizio del rogo, nella narrazione rassicurante. 



A metà novembre 2022 un potente acquazzone gonfiò le pozzanghere intorno alla Lotras, l'acqua filtrò sotto ai muretti di cemento posti ad argine del piazzale, finendo nello scolo acque bianche e quindi nel canale per irrigazione (fosso Vetro). 



Qui video e foto.  https://www.facebook.com/faenzaecologica/posts/pfbid0gGrJQLQ2UiL8MZyK12eCDaDLvFBTNgm3fGQWP9utaf8KRDKk3hUg71mXpZttrpWKl

Leggi anche: https://faenzaecologica.blogspot.com/2022/11/inquinamento-da-idrocarburi-pesanti.html


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